Il Museo raccoglie un’ampia raccolta di opere in avorio dall’antichità sino all’Ottocento, realizzate da maestranze italiane, europee e orientali. Gli avori appartenevano alle collezioni granducali fiorentine o provengono da acquisti ottocenteschi, ma la maggior parte si deve alla donazione degli antiquari Jean-Baptiste e Louis Carrand.
Il nuovo allestimento della Sala degli Avori, inaugurato lo scorso maggio, traccia un percorso che consente di apprezzare quelle opere di diversa tipologia: lastre, cofanetti e cassette, placche di legatura, valve da specchio, oggetti per il rito religioso come pissidi, aste e riccio di pastorale, manici per coltello e per specchi, corni da caccia, statuette a soggetto sacro o mitologico, calamai e oggetti destinati al gioco, come pedine e scacchi, tutti manufatti di pregio che esaltano la preziosità dell’avorio e l’abilità di complesse lavorazioni. Sono raffigurate scene mitologiche, religiose, cortesi, episodi legati al potere civico e tutti i diversi soggetti esprimono i caratteri distintivi delle diverse epoche e dell’area geografica di appartenenza, ma sono anche esempi di una sottile congiunzione tra cultura orientale, islamica e cristiana, conseguenza della circolazione di oggetti e di artigiani lungo le rotte del Mediterraneo, o dello scambio artistico tra città come Firenze e Venezia, o di maestranze provenienti dal Nord Europa, divenuto “moderno” polo commerciale dal XVI secolo.
Al pregiato materiale ricavato dalle zanne di elefanti, di animali marini, di grandi mammiferi dei mari del Nord, si uniscono anche più modesti ossi impreziositi con incisioni e trafori, dorati e dipinti, o decorati con intarsi di altri materiali. La collezione del Bargello consente inoltre, come è illustrato nel catalogo che presenta circa 250 esemplari descritti da vari specialisti del settore, di ripercorrere le vicende del collezionismo, delle variazioni di gusto, della movimentazione delle opere, del mutare dei criteri espositivi in accordo con le disposizioni legislative e di inventariazione: è un’altra “storia” che rende le opere d’avorio ancora più intriganti.
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